Le mire anche geopolitiche della Cina con lo yuan digitale. I ritardi dell’Occidente. E gli scenari per il Bitcoin. L’analisi di Edoardo Narduzzi, Presidente gAIn RoboWealth Il Bitcoin è stato appieno investito dalla più importante crisi geopolitica dai tempi di Yalta e dagli impatti che questa crisi dischiuderà sugli equilibri monetari mondiali post guerra in Ucraina. La Cina di Xi Jinping da tempo ha messo fuori legge sia le attività degli exchange in cripto valute che quelle di mining, cioè di produzione del Bitcoin. In pratica la Cina ha chiuso il suo spazio economico alla possibile presenza di monete digitali non emesse da uno stato sovrano ed in quanto tali gestite in maniera decentralizzata. La ragione è abbastanza semplice: Pechino da tempo si sta organizzando per lanciare il suo yuan digitale, la prima crypto moneta emessa e controllata nei sui meccanismi di produzione e scambio da una banca centrale. È in qualche modo l’equivalente contemporaneo della corsa verso lo spazio per sbarcare per primi sulla Luna che, ai tempi della guerra fredda, ha contrapposto Unione sovietica e Stati Uniti. La Cina vuole essere la prima nazione a dotarsi di una moneta digitale comunicando al mondo che quella che fino a due o tre decenni fa era soltanto la manifattura del pianeta e un paese in via di sviluppo è, oggi, una superpotenza tecnologica. Essere il primo paese a “coniare” la propria moneta digitale comunica più o meno direttamente anche la crescente capacità di essere competitivi, forse anche leader, nei sistemi di intelligenza artificiale, cyber security e del data mining. In questo modo, poi, Pechino vuole offrire una compiuta alternativa al dollaro ai molti paesi, soprattutto dell’Africa, dove le criptovalute come il Bitcoin già circolano da anni e sono ben conosciute dai cittadini. Le monete digitali sono le nuove aree di influenza geopolitica del mondo emergente. Saranno nei wallet degli abitanti di questo pianeta assieme alle monete nazionali e a quello che residuerà del mondo del Bitcoin e delle criptovalute attuali. Ogni singola transazione sarà tracciata e registrata ed ogni scambio ricostruibile per sempre. In qualche modo è la soluzione quasi ideale per garantire gli equilibri oligarchici di in un sistema centralizzato messi potenzialmente in discussione dalla continua crescita dell’economia e della tecnologia. E il futuro del Bitcoin quale sarà? Se le democrazie liberali sapranno resistere all’urto sempre maggiore che il mondo asiatico svilupperà nel prossimo futuro agli equilibri delle società aperte, allora per il BTC il futuro è roseo, perché sarà una delle molte monete digitali concorrenti che saranno ospitate nei nostri wallet per gestire la ricchezza, il risparmio o i pagamenti. Le democrazie liberali, quella americana per prima, non hanno e non avranno alcun interesse a mettere fuori legge il miglior sistema tecnologico decentralizzato che la specie umana abbia saputo inventare per produrre una unità di conto. Sarà più regolamentato, certamente. Ma il Bitcoin incarna tutto quello che nella guerra in Ucraina vuole essere cancellato: il fatto che l’innovazione nelle democrazie liberali venga prodotta a prescindere dalle decisioni del potere politico. La correzione nel prezzo del BTC non è forse ancora finita ed il minimo di diecimila dollari potrebbe anche farsi realtà se la caduta del Nasdaq proseguirà nei prossimi mesi, ma questo non significa che un giorno del prossimo futuro la regina delle cripto non possa essere scambiata a 100mila dollari.
yuan digitale
Il Bitcoin farà concorrenza allo yuan digitale?
di Edoardo Narduzzi